Das Geheimnis der Kunst de Angelis besteht in der Gegenwärtigkeit der Inhalte und in der außergewöhnlichen Freiheit der Ausdruckssprache; manchmal gewagt, bis an die Grenze der Abstraktion. Das ist der Grund, warum seine Skulpturen sich so glücklich in die fortgeschrittenste Sprache unserer Zeit einfügen und spontan im Klima einer bildhaften, hohen Kultur leben.
Die Bezüge zu anderen Künstlern mit anderen plastischen Lösungen, auch zu illustren, sind zahlreich, aber es wäre sinnlos, irgendeine Kausalverbindung herstellen zu wollen. Wie alle, wirklich eine innere Welt auszudrücken haben, absorbiert und erschafft er auf originale Weise alle vitalen Erfahrungen der modernen Bildhauerei. Er erreicht die Perfektion einer Sprache, die die konkrete Form mit der Grazie der Erfindung und der Flüchtigkeit des Traumes verbindet.
Paolo Ricci
Kunstkritiker der Zeitung, “L’Unità”
Historiker, Maler, 1970.
…questa scultura è antica come l’uomo e il suo primo timoroso mettere le mani sulla crosta del mondo per scoprirlo proprio e riconoscersi vivo nel suo rischioso ambito, circondato dall’infinito dell’inesplicabile; e questa scultura è moderna come la voglia che abbiamo di dichiararci ancora vivi nel diluvio d’incertezze angosciose, che oggi rischia di farci impazzire. Donne, materia animata dal vento, gesti rubati a uno scatto vitale, lineamenti reperiti con amorosa pazienza nel grezzo della pietra di mare o di monte o vulcano: sono queste, le cose che compongono il suo catalogo di bellezza. Forse inconsapevole di quello che fa e ci porta di luce e di forza nel deteriorato habitat di queste stagioni persino più stupide che cattive, de Angelis è arrivato a dimostrarci che si può diventare quello che si è, come pretendeva l’ambizioso Pindaro, un pò più di duemila anni fa: nel caso di Giovanni, uno scultore completo, un disegnatore straordinario, un artista importante perchè le sue opere importano. Ce l’ha fatta, non c’è dubbio: basta “saper vedere”. E poichè da presuntuoso sostengo che so vedere, gli dico grazie, e mi basta. Spero basti anche a lui.
Grytzko Mascioni
Kunstkritiker
Milano, Lugano, 1973.
…la coordinazione in Giovanni de Angelis é assoluta. Mai la sua opera sconfina con tentativi irrisolti, mai si libera di una ricerca rigorosa per intraprendere una situazione nuova, d’effetto.
Il filo che cuce il suo piano non ha elementi di tensione se non quelli provocati dall’arte stessa perché infatti egli é leggibile, individuabile, virtuoso.
Ho letto di simbolismi che accompagnerebbero
il suo percorso. Certo. Non c’é artista che non conosca questa regola. Tuttavia in de Angelis il concetto-simbolo é così velato, così provocatoriamente in sottofondo che la risultante psicologia é soltanto
un dato di casualità.
E tutto questo perché? Perché non ha bisogno di aggrappamenti pretestuosi per raccontarci la sua emozione sensitiva, la sua spirituale intransigenza.
Nella conclusione, in questo maestro dello scalpello campano, si legge la dinamica sveltezza, la sciolta bravura, su corpi che vibrano nel dominio della scultura.
E la sua ricchezza é soprattutto là, in quel segno pulito che fa recitare le contorsioni della forma in un taglio di poesia.
Everardo Dalla Noce
Gionalista
1987.
…In diesem Sinne haben für mich die so sicheren, so wesentlichen, so geheimnisvoll ruhenden und doch so schreienden Werke von Giovanni de Angelis genau dieses unverwechselbare Merkmal: sie sind erschaffen,
nicht mehr und nicht weniger. Ob nun seine Motive geheimnisumwobene Figuren sind, die Säulen ähnlich sehen, oder Bildnisse, oder Totems oder Gruppen, immer ist diese unbestreitbare und unumstößliche Tatsache
gegenwärtig: sie sind erschaffen, erschaffen und sonst nichts: nicht mehr und nicht weniger. Das heißt, ohne Verstellungen, Verzerrungen, frei von Ängsten, die von einer inneren und kulturellen, vielleicht
auch technischen Unsicherheit verursacht werden, die man oft auch bei den weitaus bekannteren Kollegen als er es ist, antrifft, aber auch bei einigen der sogenannten Meister. Keiner von ihnen hat außerdem
die Fähigkeit zur verklärenden oder verklärten Sythese wie de Angelis; die Fähigkeit, die Form zur Wesentlichkeit werden zu lassen, d. h. sie ist selbst wesentlich gestaltet: ich würde sagen, das Äußere
ist vom Inneren verschlungen worden, das äußere Erscheinungsbild von der Innerlichkeit, fast als ob die Form der Körper sei, der von der Seele „konditioniert” wird, die ihn lebendig lassen wird, ihn belebt
und ihn erhält…
Enzo Fabiani
(Schriftsteller, Kunsthistoriker und Vizedirektor der Kunstzeitschrift, Arte).
1989.
…Das Gewand drückt je nach der Position des Betrachters einerseits Zwang und Einengung aus, andererseits aber auch bewahrenden Schutz. Bezeichnend ist es, wie die Bildwerke sich strecken und in einer Aufwärtsbewegung eine Vergeistigung anschaulich machen können. Nahezu schutzlos erscheinen dagegen die Frauenköpfe mit ihren von Leid erschöpften Gesichtern. Nur die geschlossenen Augen und der leere Blick wehren den analysierenden Betrachter ab. Hier werden Tiefendimensionen des Menschen aufgedeckt, die ihn als geistiges und damit auch leidendes Wesen kennzeichnen. Solche Bildnisse vermitteln ein Erkennen und geheimes Wissen, wie es nur grosse Kunst vermag. Diese Kunst erinnert an ein Lukaswort, das Giovanni de Angelis auf seine Weise wahr gemacht hat:
Klaus Speckenbach, Münster
Professore
1990.
…hai raggiunto uno stile tuo, una tua forza, anche grazie alle potenti pietre in lava del Vesuvio, a questa presenza mitica e mitologica ha innestato una forma compatta che si apre a brividi di lacerti, a scansioni astratte che rivelano sottotracce figurali, il cavaliere del 93 (se pur conserva una suggestione di Perez) è risolto da te magnificamente serrato nei volumi (e qui vi sento anche una parte di lezione di Vangi, nei suoi ultimi graniti o lave), ma queste suggestioni considerale come un semplice tuo fatto di stima verso questi due grandi amici scultori, perché tu sei meno tragico, meno espressionista, meno decadente, e palpitante di materia corazzata, più metafisico, solare, apollineo, più elusivo dì fronte alla realtà, più magico.
Franco Simongini
Redattore dei servizi culturali di Rai 3
Da una lettera del 16/03/1993
…Per rendere l’ineffabile atmosfera della sua isola (ovvero l’ellenica Pithecusa), la sua “memoria” colta e le suggestioni naturalistiche, De Angelis ricorre soven-te al tema della linea curva e aerodinamica, che approda ad una sorta di “dinamismo psichico”, che dà una forte idea di movimento, seppur fossilizzato e pietrificato dalla lava vesuviana. La Nike, l’Icaro e i Cavalieri sono emblematici di questa tendenza, cosi come le Simbiosi e le Metamorfosi: De Angelis più che uno scultore neoellenistico, alla Gemito, appare più come un moderno “barocco”, un Bernini algido che lucidamente ricerca forme incastrate o fluttuanti, giochi di pieni-e-di-vuoti, una sintesi ideale tra Figurativo e Informale. Evitando le lusinghe dell’accademismo forbito, egli privilegia segni e tagli, forme larvali e “sgocciolanti”, grumi nodosi e vortici centrifughi, gusci e bozzoli che imprigionano l’energia compressa. Nello svolgere racconti biblici o mitologici (la Genesi, le Sibille), ascoltati sin da bambino dal padre, il pittore Federico, De Angelis riesce ad esprimere una propria personalità, reinventando iconografie ed archetipi, per cui alcune opere sembrano singolarmente svolgere una contaminatio fra le ieratiche statue egizie di gusto amarniano e il cubismo primo-novecentesco. In questa sua rassegna parmense – incentrata su una quindicina di sculture eseguite in bronzo, marmo ed amatissima lava del Vesuvio, oltre che su alcune intense opere grafiche – Giovanni De Angelis restituisce l’immagine di un Mediterraneo sublime e sublimato: egli è come quegli antichi veggenti dei poemi e delle tragedie greche, ma con in più la dolente consapevolezza della tragica inquietudine esistenziale in cui è immersa la nostra società dei consumi. Basti solo meditare sulla sua straordinaria Maternità; una plastica germinante permeata di infiniti sottintesi morali; una figura totemica che potrebbe essere un blade runner.
Lucio Scardino
Critico d’arte
Ferrara, Settembre 1994.
…Il corpo umano – icona simbolica e metonimica di queste sculture- diventa così crocevia di una figurazione meticcia in cui il superamento della divisione scientifica dei regni (minerale, vegetale, animale) è reso possibile grazie ad una delicata commistione “genetica e molecolare” di una serie di particolari morfologici visivi messi in campo da Giovanni de Angelis.
Antonio Gasbarrini
Critico d’arte
1999.
…L’originalità della scultura di de Angelis consiste proprio nel combinare diverse radici storiche, diverse sensibiltà, diverse finalità di ricerche formale, senza alcunna contraddizione. Uomo nordico e uomo mediterraneo, de Angelis guarda contemporaneamente al passato e al futuro, mettedo assieme storie e culture diverse nell’intento di individuare per tutte un minimo comune denominatore. Un’esperienza che pone de Angelis al centro del mondo, trasmutando l’arte in vita e viceversa, come il mutamento in eterno divenire che rappresenta nelle sue sculture.
Vittorio Sgarbi
Critico d’arte
2004
…Die Spannung zwischen der perfekten Verschlossenheit des plastischen Organismus und der inneren Beweglichkeit, die man auf der Haut der Skulptur auftauchen und fließen sieht, vermag es nie, die Festigkeit der äußeren Profile anzugreifen. Deshalb öffnet sich der plastische Block nie der Aktion, er weicht nicht der gestikulierenden Dramatik, von welcher so viel figürliche Gegenwartbildhauerei befallen ist. Besiegelt in einer Form von vorbildlicher Klarheit, gibt die Bewegung, die sich innerhalb der Skulptur entfaltet, nie den Eindruck, überströmen und sich unordentlich in dem umherliegenden Raum ausbreiten zu können; man würde gar meinen, dass sie manchmal dazu neigt, den Raum miteinzubeziehen oder ihn innerhalb des plastischen Gefüges zu verflechten.
Vitaliano Corbi
Kunstkritiker der Tageszeitung “La Repubblica!
Neapel, 10 März 2006.
…Giovanni de Angelis Werke sind Raumplastiken auch in einem engeren Sinne. Sie leben von einer mitunter fragil anmutenden Ambivalenz zwischen Offen- und Verschlossenheit, die durch konkave, raumaufnehmende und konvexe raumabweisende Volumina bedingt sind. Hieraus resultiert — ein spannungsreicher Dialog zwischen Skulptur und Raum: Mit den konvexen Formen behauptet sich die Skulptur gegenüber dem Umraum, schließt sich quasi blockhaft um einen inneren Kern zusammen. Mit der konkaven ‚einschwingenden’ Form öffnet sie sich hingegen dem Raum und wirkt dem Eindruck der Schwere entgegen. Es ergibt sich ein Wechselspiel zwischen Ver- und Enthüllung, ein vom Künstler austariertes Gleichgewicht zwischen Zentripetal- und Zentrifugalkräften…
Dr. Ulrich Bock
Kunstkritiker
2009.
…Dagegen stehen die dynamischen und expressiven, durch Zeit und Raum stürmenden Körper von de Angelis, die sich aus der Statik ihrer Erdenschwere zu – scheinen. Deren Oberflächen aufgerissen sind wie die der Skulpturen von Auguste Rodin und deren Vorwärtsdrängen an die futuristischen Plastiken von Umberto Boccioni erinnert. Darüber hinaus formulieren an diesem Text auch die surrealistischen Anleihen mancher Arbeiten des Bildhauers mit, die in ihrer Nähe zum Traum und Schlaf quer stehen zu den Werken von ihm, die in kartesianischer Klarheit erstrahlen und von einer Welt und Wirklichkeitsaneignung de more geometrico zu künden scheinen. Schon diese kurze Werkabbreviatur macht unübersehbar deutlich, wie unbekümmert der Künstler für seine Skulpturen Anleihen nimmt in unterschiedlichen Jahrhunderten, Wie er in seinem Werk Gegenwart und Vergangenheit, Moderne und Antike sowie Abstraktion und Gegenständlichkeit miteinander verbindet…
Michael Stoeber
Kunstkritiker
2011.
…Di questa inquietudine è prova l’insistito tema della caduta di Icaro a partire dal 1983 ,che dà conto di drammatiche preoccupazioni esistenziali, che lo portano a rendere con sublime artificio la discordanza tra sogno e realtà e l’eterno conflitto tra pulsioni vitali (bios) e pulsioni di morte (thànatos) : un conflitto in cui l’azzardo dell’artista che osa è compensato dai trionfo della forma e della bellezza, vissute come epifania del sacro. Sono, forma e bellezza, due elementi interdipendenti e imprescindibili per De Angelis, sulla scia dei molti picchi della storia dell’arte europea, dai bronzi di Riace in poi, passando per il giovine auriga di Mozia, la scultura pisana e fiorentina medievale e rinascimentale, l’estasi berniniana, le incantate figure canoviane, fino al miglior novecento che da quelle prodezze formali discende. Ma, una forte fascinazione arriva anche dalla statuaria egizia ed etrusca per la loro plastica immobilità sentita come rappresentazione di uno sguardo interiore, che valica il limite temporale. It tempo e lo spazio: ecco un rovello del nostro scultore. Vincere il tempo, nello spazio che ci è dato, sottrarre al fluire delle ore le cose, gli intrecci di vita e i volti che accompagnano il nostro “viver terreno”, resi nella loro totemica essenzialità da Isola di Pasqua. Questi perseguimenti di rara grazia esigono il pieno possesso dei mezzi espressivi, cioè il mestiere, attitudine negletta oggi, svilita e sacrificata, quando non schernita, sull’altare del puro concetto, o del gioco, o di un fare tecnologico a imitazione del processo produttivo. Possesso consapevole che fa dire a De Angelis: “E’ già il suono dello scalpello che batte sul marmo, ancor prima dell’occhio, ad avvertirmi che sto per giungere alla forma pulita e secca”. O ancora; la ricerca di una forma non lasci trapelare il travaglio della sua esecuzione”. Si osservi come nelle sue sculture la forza di gravità è vinta. Il bianco marmo di Carrara, o d’altre regioni dell’emisfero, perde il suo peso per diventare sostanza informata a leggerezza, nuvola vagante, grazie al dinamismo della linea che senza posa volteggia, creando anse, cavità, dove l’ombra s’annida a sostegno delle superfici in luce, o sforamenti, da cui passano porzioni di cielo, volumi in tensione scolpiti da un vento che prende avvio dalle regioni del sacro e, passando attraverso testa, cuore e mani dell’artista, scompiglia la materia, che vibra e tintinna come cristallo di Boemia. Definito è il suo modo di accostarsi alla materia in altra sua dichiarazione: inseguo il respiro libero e sciolto dei “vuoti” e dei “pieni”, il loro rincorrersi continuo e fluido ed il loro rapporto: è in questo rapporto che a me sembra di cogliere il germe segreto delle leggi che governano il cosmo”. Evidentemente non allude, in questa dichiarazione di poetica, alle leggi fisiche, scientifiche, cui tendono gli esploratori dell’universo, ma alle nascoste corrispondenze tra terra e cielo, alle concordanze tra emergenze interiori ed emergenze esteriori, germe segreto*, dice l’artista, cioè le verità non verificabili né dimostrabili, cui tendono con generosa perseveranza i poeti, i filosofi, i visionari, gli artisti . Molte le opere che danno conto di questa attitudine esplorativa, opere nelle quali il fraseggio di pieni e di vuoti e i percorsi della luce che scorre da un piano all’altro, disegnando possibili trame di una immaginaria mappa celeste, rispondono ad un vitalistico sforzo di ri-definizione del mondo…